In una giornata meravigliosamente assolata come quella di oggi ho “rubato” gli amici artisti Andrea Santini e Francesca Sarah Toich (UBIKteatro) al termine della conferenza stampa, per farmi raccontare, tra le sculture antiche del giardino del tetaro Olimpico, di NYX. Sogni di una notte digitale, una mostra “onirica” che si prefigura come un connubio tra il classico e il contemporaneo andando a miscelare sapientemente, grazie alla tecnologia, elementi che fanno parte della letteratura, dell’arte antica, del teatro, della musica…
Nel 2013 avevo intervistato Andrea Santini per farmi raccontare di una delle opere che saranno presenti in mostra, Oscilla.
Questa la VIDEOINTERVISTA “NYX. Genesi di una mostra”, sul “TUBE” di Olivares cut.
Di NYX che aprirà a Palazzo Chiericati Underground (Vicenza) il prossimo 10 maggio, vi racconterò più avanti. Per ora vi lascio al loro racconto, denso di curiosi particolari…Buona visione!
Nelle prestigiose sale dell’Hotel Palladio a Vicenza, e nell’ambito del progetto curatoriale HALL ART PROJECT, venerdì 17 aprile inaugura “FRAGILE”, la personale del fotografo Leonardo Onetti Muda. La Natura come soggetto privilegiato, negli scatti che compongono le due serie presenti in mostra, in grado di trasmettere, pur “in cattività”, il connubio tra la potenza che le è propria, la riluttanza a soccombere, e la caducità di una bellezza estremamente fragile. La luce, studiata, calibrata, mai casuale, consente ai dettagli di emergere con estrema precisione. In Urbana Natura vige la lotta silenziosa tra la cementificazione massiva cittadina (Milano è lo scenario di questi scontri impari) e un universo vegetale in continua espansione. La compenetrazione di elementi in contrasto assume, all’interno di questi scenari inediti, un equilibrio compositivo che lo avvicina al linguaggio tipico dell’astratto. Onetti Muda mette in campo la poetica del paradosso, permettendo ai brani desertificati invasi dalle erbacce di giungere a picchi di lirismo inattesi.
Le corolle marcescenti, gambi piegati da peso delle loro stesse infiorescenze, fioriture che portano allo stremo la loro capacità di aprirsi, in Indolo, appaiono come una riflessione sulla bellezza dell’effimero, un inno alla caducità come estrema portatrice di bellezza. Questi fiori non recisi si mostrano in una nuova lassezza, in un rilascio di tensione: la permissione di godere, finalmente, dell’esito del fulgore appena consumato.
Leonardo Onetti Muda (1966) fotografo professionista dal 1994, da diversi anni vive e lavora tra Vicenza e Milano. Ha realizzato numerosi progetti editoriali per testate del gruppo RCS e Mondadori, collabora con agenzie pubblicitarie come art director e lavora come autore a numerosi progetti artistici quali “Trenta, ritratti di opere e artisti vicentini”, “In corso”, “I like you_Io come te”.
HALL ART PROJECT è il progetto espositivo di arte contemporanea ideato dall’art curator Petra Cason per presentare, all’interno delle sale al piano terra del prestigioso Hotel Palladio (nel centro storico di Vicenza), opere di artisti italiani e internazionali attraverso un programma curatoriale dedicato. Con una modalità che unisce l’esperienza di una piccola galleria d’arte all’innovazione di una vetrina virtuale, le esposizioni di HALL ART PROJECT, rinnovate con cadenza mensile, saranno sempre a disposizione del pubblico e dell’attenta clientela dell’albergo mediante una piattaforma on line, per poterne fruire – anche dopo il soggiorno presso l’Hotel Palladio – come curioso pubblico o come appassionati collezionisti.
HALL ART PROJECT
Hotel Palladio Contrà Oratorio dei Servi, 25
36100 Vicenza – Italy
Info www.olivarescut.it/hall | petra@olivarescut.it
In una breve ma densa intervista, Giacomo Modolo racconta la genesi di Portraits from K.’s diary, sua ultima personale a cura di Elisabetta Chiono.
Un viaggio pittorico tra due stati, due città, due vite, in un arco temporale che, partendo dalla Primavera di Praga, giunge fino ai giorni nostri. Ispirato dai racconti di Karin (la protagonista e redattrice del “diario” del titolo della mostra) Modolo tenta un racconto tutt’altro che didascalico che si snoda senza soluzione di continuità da una tela all’altra, alternando ritratti ad ambientazioni architettoniche che convivono all’interno dello spazio liminale che separa il figurativo dall’astratto.
Qui l’intervista > GIACOMO MODOLO | Portraits from K.’s diary
L’esposizione rimarrà aperta fino al 29 aprile presso lo Spazio Punto Ottico, in contrà Manin, a Vicenza.
(Photo courtesy Giacomo Modolo)
Un ibrido tra un racconto, una recensione e un’intervista.
Nella suggestiva penombra dei sotterranei di Palazzo Chiericati si terrà fino all’8 dicembre prossimo, il primo evento di Illustri Festival, ALESSANDRO GOTTARDO (IN ARTE SHOUT) SELECTED WORKS, sèguito dell’esposizione dello scorso anno (curata anch’essa dall’illustratore Ale Giorgini) che raccoglieva per la prima volta per Vicenza, all’interno della Basilica Palladiana, “undici illustratori under 40 che il mondo ci invidia”.
Uno di questi era proprio Shout, che torna a Vicenza con una selezione di lavori che ripercorrono la sua carriera di illustratore dal 2005 al 2014. Un viaggio a ritroso lungo le quattro sale interrate, attraverso opere che vanno dalle ultimissime tavole (con inediti), elaborate in digitale, passando per le acquetinte e i ritratti, fino ai disegni a penna datati 2011, breve ritorno all’amato analogico delle origini.
Shout, un uomo schivo e riservato, ha scelto la caotica Milano per vivere e lavorare.
Il primo gennaio 2013 cominciavo il nuovo anno scrivendo, su commissione, il concept per una mostra che si sarebbe dovuta (o meglio, potuta) fare nel salone al primo piano della Basilica Palladiana. Il 20 gennaio 2013 infatti chiudeva, dopo tre mesi di apertura, la tanto discussa “strategiacommericialeGoldin”, dall’ammiccante titolo “Raffaello verso Picasso”: la mostra avrebbe dovuto riportare in auge Vicenza, che negli ultimi anni si era lasciata sfuggire diverse occasioni per mettersi in piedi e ricavare dalla cultura un discreto ritorno, non solo d’immagine ma anche economico.
Pareva, al termine di questo evento similculturale, si prospettasse per il Salone della Basilica un gap organizzativo che la lasciava scoperta. Le elezioni per il nuovo sindaco sarebbero state ad aprile: qualcuno aveva pensato ad un evento che potesse cavalcare l’onda del successo (almeno di pubblico) della mostra goldiniana e sfruttare a proprio vantaggio la visibilità data dall’essere in uno spazio sì prestigioso e centrale? No. O meglio, qualcuno forse sì, ma pare non sia stato ascoltato. Il progetto fu vagliato da chi di dovere, piacque, e poi più nulla.
Si preferì fare una mostra su cartoline d’epoca, vista da una manciata di persone, e un’altra sul giro d’Italia…
Il titolo della mostra che avevo ideato era “Bentornato a casa”. Emblematico, certamente: la “casa” sarebbe stata la Basilica, vista nuovamente come spazio vissuto dalla città, e il “bentornato” si sarebbe dovuto dare ad un parterre di giovani artisti vicentini (il range medio si aggirava tra i 25 e i 45 anni) i quali, avendo avuto nel loro percorso artistico più successo, riconoscimenti e soddisfazioni professionali ed economiche all’estero, potessero, per una volta, essere “profeti in patria”, e venir visti per quello che erano (anzi sono) ossia ottimi artisti, omaggiati dai propri concittadini e dalla loro stessa città, in un luogo di prestigio com’è, appunto, la Basilica. Quindi, non più, o non solo, capolavori di maestri indiscussi dell’arte mondiale, ma anche opere di pregio di artisti – in vita – ancora, a noi, semisconosciuti.
Ora siamo al 5 di gennaio del 2014. Ad un anno di distanza, come sono andate le cose? Non c’è stato, come l’avevo pensato, nessun “bentornato a casa”; il sindaco è di nuovo Variati, il suo portavoce, Bulgarini D’Elci, è diventato vicesindaco e assessore alla Crescita con delega a Cultura e Turismo e referente per le attività culturali della nostra amata Basilica, e, a parte il “salone proibito”, non esistono spazi per l’arte che non siano gallerie private (qualcuna storica ha chiuso, nel frattempo, come Yvonne Arte Contemporanea, o altre nuove provano ad insediarsi, come Alessandro Ghiotto Galleria d’arte o Galleria Celeste, seppure molto diverse tra loro) o musei. Fine.
Nel corso del 2013, e prima del cambio di organico all’interno del consiglio comunale, erano state raccolte le firme di giovani esponenti del mondo dell’arte e della cultura vicentina che, attraverso una lettera, chiedevano al sindaco e all’assessorato alla cultura il motivo per cui qui a Vicenza, magari sulla falsariga della più meritocratica Schio, non venisse attuato un piano di bandi ai quali chiunque avrebbe potuto concorrere. Presentando progetti artistico/culturali, attraverso i bandi si sarebbe potuto accedere ai fondi (anche se pochi, ma poi che significa pochi?, che esistono) destinati a queste attività. Più che altro premeva segnalare che era ormai palese il coinvolgimento, nel giro ristretto della cultura visuale vicentina, dei soliti pochi volti noti, creando malumori, malcontenti, soprattutto quando il livello qualitativo del prodotto finale andava ad abbassarsi rasentando terra. Soprannominammo il gruppo di firmatari “Bandi, non banditi” (la virgola si può, in questo caso, mettere e togliere a piacere).
Tuttavia la nostra richiesta era anche in merito a spazi idonei ai quali poter accedere (sempre previo bandi) per esporre degnamente l’arte. Vogliamo tornare a parlare di Schio? A disposizione di chi ne fa debita domanda sono disponibili (e ben forniti di tutto il necessario per esporre): Palazzo Fogazzaro, Palazzo Toaldi Capra, il lanificio Conte e l’attiguo – appena riaperto – Shed. Qui mi fermo, già più che sufficiente come termine di paragone. Per una cittadina di neanche 40 mila abitanti, contro gli oltre 115 mila di Vicenza, un ventaglio di possibilità che fa impallidire la Nostra. Vediamo come sta messa Vicenza, invece: l’ex LAMeC, Laboratorio per l’Arte Moderna e Contemporanea, situato al piano terra della Basilica Palladiana, che per anni ha ospitato discrete esposizioni, inagibile prima perchè bisognoso di restauro, poi destinato a diventare “museo del gioiello”, mai attivato, attualmente chiuso; la Casa Cogollo, detta “del Palladio”, troppo onerosa da mantenere non essendo di proprietà del Comune, ma in affitto. Ha ospitato per anni le piccole ma interessanti mostre sul design, che curava egregiamente Stefania Portinari. Ora lo spazio è chiuso e non è, ovviamente, stato rimpiazzato con altro. AB23, la chiesetta di Ambrogio e Bellino, era dedicato all’arte contemporanea. La struttura subì danni a causa di un guasto alla caldaia che, pare, rese inagibile uno spazio da pochi anni recuperato, e non più riaperto. Risultato: nessuno spazio, adatto ad esporre, disponibile. Le tre realtà citate (vedi questo comunicato sul sito del Comune, datato 2009) facevano parte del progetto “Sistemi di Contemporaneo”. Cosa rimane? La Basilica blindata. Ma finalmente, forse, una svolta!
Illustri. “Undici illustratori under 40 che il mondo ci invidia” cita lo slogan sul manifesto. Che sia la volta buona in cui Vicenza (e il Comune) si rende conto che non esiste solo Goldin?
Ale Giorgini, il curatore, ha poco più di trent’anni e “udite udite” è vicentino. Ha deciso di far esporre, oltre ad alcune sue tavole, lavori significativi di altri dieci artisti. La scelta è ricaduta su illustratori giovani, italiani, che avessero, nel corso delle loro – ancor brevi ma scintillanti – carriere in ascesa ottenuto il maggior numero di riconoscimenti in ambito nazionale ed internazionale: vantano tutti di collaborazioni prestigiose nel mondo della grafica, della comunicazione, dell’advertising e dell’editoria; le loro tavole sono state pubblicate in riviste, magazine, fanzine on e off line ma anche in gallerie e musei di tutto il mondo. E, prerogativa per essere scelti tra i nomi di “Illustri”, questi artisti dovevano essere (ancora) residenti in Italia. Niente fuga di cervelli, dunque: si resta qui, perchè grazie al web, questi artisti sono stati in grado di dar vita alle collaborazioni internazionali di cui sopra (il New Yorker Daily Magazine, Rolling Stone, il Washington Post, The Daily Telegraph…) senza doversi