Fino all’8 novembre, alla Jarach Gallery di Venezia, la personale del giovane fotografo Matteo Cremonesi, A++. Raccolta di sguardi sintetici e impersonali su oggetti del quotidiano.
A++ è il titolo della tua personale in corso alla Jarach Gallery, sigla che racchiude in sé la natura degli oggetti raccontati nei tuoi scatti, inglobandoli all’interno della categoria energetica degli elettrodomestici. Ma sottotitolo dell’esposizione è “Sculptures”, è corretto?
Si, la scelta di intitolare le serie fotografiche facendo precedere la parola “Sculpture” al nome dell’oggetto indagato (bin, printer, photocopier, washer, camera, mirror) al desiderio di indicare in parte la modalità con la quale mi sono avvicinato a questi “oggetti del quotidiano”, ponendo la mia attenzione al loro valore “scultoreo” o formale, alla qualità anonima di un certo tipo di superficie, piuttosto che all’interesse specifico che il valore funzionale dell’oggetto porta.
Il tuo approccio nei confronti della fotografia è plastico, o piuttosto fai riferimento ai “soggetti” che abitano i tuoi “spazi fotografici”, intendendoli delle “sculture della contemporaneità”?
Si, credo si possa ritenere la mia pratica fotografica un fare attento al valore plastico del soggetto. Ciò che davvero mi interessa trattenere dei soggetti/oggetti è la loro qualità di superficie, di “pelle”. La superficie delle cose, il piano che ne delimita il confine, che ne trattiene la forma, sono aspetti che mi interessano profondamente, condizioni da cui la mia pratica si muove, intuendo un metodo con cui tratteggiare le parti di un discorso, sospeso fra la seduzione per le forme e le loro stesse attitudini.