Strategie post-boom. TULPENMANIE ad Independenst/ArtVerona

Qual è il processo per modificare (e possibilmente migliorare) lo stato delle cose? Ipotizziamo tre indispensabili fasi: la prima è la presa di coscienza del problema, la seconda è lo studio della strategia che comporti un superamento del problema, e la terza e ultima è l’applicazione della teoria alla pratica, ossia la fase esecutiva, quella che comporta un cambiamento reale. Sto sintetizzando in maniera esasperata. Ma credo che, in questo semplice schema, manchi un altrettanto semplice quanto necessario elemento: il confronto. Questo preambolo forse serve più a me, ora, che a voi ai quali vorrei spiegare il motivo per cui sarò (anche) quest’anno ad ArtVerona e che cosa, nello specifico, andrò a fare. Ma sono certa dell’utilità di questo elemento nel sistema. Il confronto, il dialogo, lo sforzo di rapportarsi con qualcun altro, che porti la riflessione che stiamo compiendo fuori dalla nostra mente, oltre le elucubrazioni che spesso si inceppano in loop, è un fattore determinante per lo sblocco di un “meccanismo difettoso”. Independents ha scelto tra le molte domande che gli sono state presentate 25 realtà indipendenti e creative che presenteranno “un progetto che ragioni sulla situazione italiana e che offra al visitatore di ArtVerona uno sguardo altro, uno sguardo nuovo, indipendente, sulla situazione nella quali tutti viviamo.”artverona2014 Io, ad ArtVerona, vado a portare una rete: la risultante, l’esito raggiunto finora, del mio lavoro (una missione) di relazione nell’ambito dell’arte contemporanea. Ambisco a far diventare la curatela la mia unica ragione di vita, ma nel frattempo, negli ultimi mesi a dir la verità, ho messo in secondo piano l’esigenza di “fare” per concedermi il tempo (il lusso!) di osservare, studiare, capire. Ho guardato attentamente come si lavora, nell’ambito curatoriale, parlando e relazionandomi con chi lo fa bene e da anni, saggiando l’esperienza altrui per apprendere quasi per osmosi: la stretta vicinanza comporta – spesso – un confronto più profondo, e talvolta implica uno “scontro tranquillo”. E’ giusto che vengano minate certe false sicurezze (la zavorra della comodità) che non contribuiscono ad un miglioramento della propria identità (professionale). Ho scelto che sia la “modalità relazionale” il mio approccio nei confronti dell’arte contemporanea e, se l’anno scorso a Independents avevo iniziato questo percorso con la “poltrona psicanalitica” del mio Take Care Corner – sprofondati nella quale si sfogavano gli artisti e i curatori che avevo come ospiti – quest’anno con TULPENMANIE, ancora più consapevolmente (perchè nel frattempo ho scoperto che ciò che io avevo fatto fin d’ora “di pancia” Obrist lo fa da decenni con metodo) ho allargato il cerchio degli inviti, ma ho stretto i legami con i miei interlocutori. Non più una sola poltrona, ma molte, un piccolo salotto per creare una dimensione informale, funzionale al confronto. Il mio sito, Olivares cut, che uso come contenitore dei miei scritti sull’arte, ha contribuito anch’esso ad aprire varchi, a intrecciare legami, approfondire conoscenze. E nel frattempo ho cominciato a scrivere anche per Artribune. E dopo mesi di chiacchierate, telefonate, viaggi in treno, residenze in quota, messaggi scritti e ricevuti, finalmente posso presentarvi quello che è la mia declinazione del tema scelto per quest’anno da Independents (la Bolla) e chi e perchè ho invitato a discuterne. Che rumore fa una bolla quando esplode? Temo che se la membrana della bolla sia stata tirata così tanto, così a lungo, da assumere l’aspetto di una leggerissima bolla di sapone, il rumore dello scoppio sia tra l’inudibile e l’irrilevante. E’ solo a distanza di tempo che si percepiscono i danni compiuti dall’implosione (più che esplosione) della bolla di un mercato economico giunto agli estremi dopo anni di rigonfiamento esasperato, partito dalla speculazione immobiliare che a domino a fatto cadere, una dopo l’altra, le roccaforti dell’economia mondiale. Lo “sboom”, come Adriana Polveroni aveva intitolato la sua pubblicazione del 2009, ha inevitabilmente coinvolto anche il mondo dell’arte contemporanea, a tutti i livelli. E adesso? E’ passato un lustro abbondante, ormai, dalla drastica inversione di tendenza che ha visto, se non un’interruzione, una notevole riduzione di esborso di denaro dedicato all’arte (sia esso proveniente da fondi pubblici o da privati ancora disposti ad investire tanto nell’acquisto di opere quanto nel finanziamento della ricerca), e si è ormai già stanchi perfino di sentir parlare di “crisi”, economica, di valori… Ad Adriana Polveroni, direttrice di Exibart ed attenta osservatrice del mondo dell’arte,  vorrò chiedere cosa è cambiato da quel 2009, al tempo del quale raccontava della controtendenza a chiudere (dopo anni in cui se ne aprivano sempre di nuovi)  i musei-gioiello, autoreferenziali delle archistar e della classe politica di tiro, ma destinati a morire perchè manchevoli di un programma di gestione d’impresa a lungo termine. Di questo avevo già cominciato a discutere con Pieremilio Ferrarese, docente presso il dipartimento di Management di Ca’ Foscari, e del paradosso che l’Italia, così ricca di beni culturali, non sia in grado di ragionare, o rivedere se stessa in chiave di “industria culturale”, tentando di riposizionare la cultura all’interno della catena del valore, capace essa stessa di produrre valore (economico). Ora che le fondazioni private hanno quasi totalmente preso il posto che era destinato al settore Pubblico, incapace di sopperire al sostenimento della ricerca (la sperimentazione anche in campo artistico necessita di essere sovvenzionata – e di questo vorrei parlarne con Virginia SommadossiProject developer e presidente di Fies Core, e Federica Tattoli, Editorial Assistant per ATP-Diary e Managing Editor per Fruit of the Forest), mi chiedo quanto l’anima “for profit” aziendale vincoli le scelte stilistiche degli artisti, piegati alle volontà della committenza che paga loro il (giusto) fee. Vorrò sentire che ne pensano in proposito Aurora Di Mauro, con una grande esperienza in materia di gestione dei musei (per la Regione Veneto) e creatrice di “Settima Onda”, personale progetto domestico/espositivo, Carlo Sala, critico e curatore presso la Fondazione Francesco Fabbri, e Valentina Bernabei, giornalista free lance, autrice del blog “parole D arte” e communication strategist del progetto “Sogni nei cassetti” del Laboratorio di Management dell’Arte e della Cultura di Ca’ Foscari. La fantomatica “crisi” dovrebbe aver portato di buono un’inevitabile scrematura, anche nel mondo dell’arte contemporanea. La razionalizzazione delle risorse economiche ha veramente bloccato lo sperpero di risorse, e le poche rimaste sono realmente ricadute a favore di una qualità più mirata, tanto di proposta artistica quanto di fruizione di pubblico, o è rimasta un’utopia nelle parole di Pierluigi Sacco, quando ipotizzava che il futuro dell’arte contemporanea, nel post-boom, fosse in linea con l’evoluzione della società post-industriale? L’arte dovrebbe essere in grado di mantenere un ruolo sociale reale, non piegandosi alle esigenze di mercato e alle voglie della committenza, ma consapevolizzarsi e guardare all’essenziale. Ma il ruolo degli artisti è doppiamente complesso perchè, per Sacco, è loro la responsabilità di condurre il pubblico (e quindi il mercato) verso una consapevolezza di ciò che stanno per fruire. Di questo vorrò confrontarmi con figure come Anna Quinz (Managing Editor e Creative Director di Franzmagazine) ascoltando il suo punto di vista sulla cultura come “fatto sociale”, in grado di migliorare la qualità della vita agendo sul luogo in cui si vive da protagonisti e non da spettatori, e con Giulia Galvan (dance dramaturge and curator), da tempo coinvolta in un progetto di sensibilizzazione (del pubblico/cittadino) all’ambito territoriale attraverso l’uso dell’arte come mezzo e non come fine. Vorrò confrontarmi con curatori come Marco Tagliafierro e Silvia Petronici, cercando di analizzare assieme a loro in che modo sia, in questi ultimi anni, cambiato sensibilmente o meno l’approccio del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea, e quanto in questo incida l’artista e quanto il curatore. Vorrò chiedere a Mirko Baricchi (artista) quanto sia necessario per l’artista essere manager oculato e promoter di se stesso. Chiederò dunque, agli artisti (loro, veri protagonisti del mondo dell’arte contemporanea) che vorranno intervenire, se sentono il peso della responsabilità, nei confronti del pubblico, che li investe l’essere portatori di “valore”. Il “pubblico estemporaneo” di ArtVerona, gli artisti in particolare, saranno invitati a partecipare ai dibattiti attraverso una call.
In questi giorni, inoltre usciranno alcune interviste, sempre sul tema del VALORE DELL’ARTE, a figure professionali gravitanti nel mondo dell’arte contemporanea.

Il programma di TULPENMANIE si svilupperà con il seguente calendario (in via di definizione)

  • GIOVEDì 9 OTTOBRE h. 16.00 – 17.30
    La sperimentazione dei linguaggi artistici e l’influenza esercitata dalla moda e da altri fattori sociali. / Il ruolo del curatore: come è cambiato negli ultimi anni?
    Ospiti: Federica Tattoli, Carlo Sala, Marco Tagliafierro, Martha Jiménez Rosano, Cornelia Lochmann.
  • VENERDì 10 OTTOBRE h. 16.00 – 17.30
    L’industria culturale dell’arte. Cosa crea valore? / La situazione museale e il valore degli spazi anticonvenzionali. / Il rapporto pubblico/privato nella gestione dei fondi alla cultura.
    Ospiti: Aurora Di Mauro, Pieremilio Ferrarese, Valentina Bernabei, Adriana Polveroni.
  • SABATO 11 OTTOBRE h. 16.00 – 17.30
    Il valore sociale e relazionale dell’arte. / Il valore della ricerca in ambito artistico. / Il ruolo dell’artista in una prospettiva di responsabilizzazione del pubblico.
    Ospiti: Anna Quinz, Virginia Sommadossi, Giulia Galvan, Mirko Baricchi, Silvia Petronici. 

I dibattiti sono aperti al pubblico.Per intervenire come ospite ai dibattiti scrivetemi a petra@olivarescut.it.
Trovate TULPENMANIE ad ArtVerona > Fiera di Verona, padiglione 11 (al centro, sulla sinistra)

Un ringraziamento a LagoStore, sponsor tecnico di TULPENMANIE. A Leonardo Onetti Muda, per l’immagine di Tulpenmanie (Uncut, 2014). A Alessandro Giacomelli, per la grafica.

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