I conti di fine anno

Ho passato un anno sottotraccia.
Da quando il “mentore” mi ha chiesto qual era il mio curatore preferito sono caduta dallo sgabello in cui ero seduta, ho smesso di fare “robette”, e ho cominciato a studiare. Non ho più smesso.
Nemmeno una mostra ho curato da sola, quest’anno. Ma ho accumulato valanghe di pagine lette e sottolineate, decine di treni presi, innumerevoli mostre viste, battuto a tappeto qualche buona fiera (qui e oltremanica). Ho centinaia tra fotografie scattate, post condivisi, articoli sul sito portati a compimento; centinaia di ore di confronti con artisti, curatori, galleristi, amici vecchi e nuovi. Ho intessuto reti sempre più ampie, guardato il mondo dell’arte contemporanea da una prospettiva diversa, nuova, meno edulcorata.
Mi son fatta venire qualche buona crisi, ma poi l’ho superata, smettendo di concentrarmi sugli obiettivi (professionali), ma cercando di mantenermi fedele al metodo che mi sto costruendo. Il tiro va assestato continuamente.
La mia libreria si è riempita di cataloghi e saggi come non era mai stata, e per questo devo ringraziare Jacopo, che non muove più piede per le fiere del pianeta senza portarsi dietro un volume anche per me. E che è un’enciclopedia aperta lui stesso.
Sono salita una manciata di volte tra il Vajont e Borca, con il caldissimo e il freddissimo, ospite di Dolomiti Contemporanee, per apprendere per osmosi un lavoro curatoriale ben fatto, condividendo con loro, con Gianluca in primis, visioni e progetti. Sono stata ospite della residenza d’artisti di Casso, ho dormito in una delle villette del Villaggio Eni, ho cenato sola a pochi metri dal Toc e in chiassosa compagnia dalle parti del Pelmo. Ho visto le montagne come solo l’arte te le può mostrare.
Artisti preziosi sono diventati amici preziosi, con i quali sono nate collaborazioni e scambi continui, e prospettive di nuovi progetti assieme.
Sono stata a Palermo, con i primi caldi dell’anno, scoprendo Guttuso che va a braccetto con Scarpa, dentro un luminoso Palazzo Normanno.
Ho ingiottito Obrist sulle spiagge trapanesi, tutto d’un fiato, come fosse la Settimana Enigmistica, con Cristina a tenermi compagnia.
Ho studiato marketing dell’arte e preso il coraggio a quattro mani per mettere in piedi i talk ad ArtVerona, sull’annosa questione del valore dell’arte. Ho accettato l’invito ad entrare a far parte di uno splendido coworking, Laboratorio Arka, come Vicenza non ne aveva mai visti. E che un po’ alla volta si sta facendo le ossa e creando un’identità. Ho guardato Londra con occhi nuovi. Facendo un’overdose di arte.
Ho ascoltato paziente critiche e suggerimenti. Ho mandato giù qualche rospo, ma poi ho iniziato a scrivere. Articoli veri, entro le 2000 battute! Cosa che fino a poco fa mi sembrava improbabile! (Il dono della sintesi non mi appartiene, è certo).
Sono stata io a lasciarmi “curare” dagli altri, dagli artisti: opere in regalo, lettere inattese, interpretazioni del futuro…
Ho smesso di angosciarmi se i risultati non arrivano. Arriveranno. Se c’è una cosa che non mi manca è la pazienza.
L’arte non abbandona, almeno lei.
Courage, 2015. Sono pronta.

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