Dopo la prima appassionata esperienza espositiva di Magnum a Palazzo Leoni Montanari del settembre 2012, quando fu presentata la mostra intitolata L’Italia e gli italiani”, la sede museale vicentina di Intesa Sanpaolo replica l’ospitalità, aprendo le porte a Magnum Contacts Sheets, mostra curata da Magnum in collaborazione con Forte di Bard. Non è solo un viaggio nella storia della fotografia, è un’indagine del metodo di lavoro dei fotografi stessi e un viaggio nella storia internazionale compiuto in maniera assolutamente trasversale. Magnum è un’agenzia storica, forse la più famosa al mondo, che riunisce, in forma di società cooperativa dal 1947, tra i migliori fotografi al mondo, al fine di tutelare il diritto d’autore e la libertà espressiva e d’informazione di ognuno di loro. La fondarono a Parigi quattro uomini instancabili, pionieri del fotogiornalismo, Henry Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour (Chim) e George Rodger. Attualmente Magnum ha sede in quattro città – Parigi, Londra, New York e Tokyo – e, dal ’47 ad oggi, ha contato quasi novanta membri. Questi piccoli provini a contatto sono figli delle macchine fotografiche compatte, nate intorno agli anni Trenta del secolo scorso: della stessa dimensione dei negativi, i provini a contatto si ottenevano posando direttamente la pellicola sviluppata su un foglio di carta fotografica, così da avere delle immagini positive senza l’uso dell’ingranditore. In mostra sono molti i materiali d’archivio, e direttamente sui fogli dei provini si leggono le annotazioni e i segni apposti dai fotografi stessi o dagli editor delle redazioni per distinguere i fotogrammi scelti da quelli scartati. Al fianco di foto che sono diventate icone dei nostri tempi, infatti, possiamo leggere, in una modalità assolutamente intima, quasi meditativa, quali sono stati i percorsi, compiuti da parte dei fotografi, nel ricercare lo scatto – quello che esprime, in un solo colpo d’occhio, la sintesi formale e concettuale dell’esperienza che stanno vivendo, che si sta compiendo davanti ai loro occhi – e comprendere come le foto venissero costruite, tagliate, dotate di senso in questa fase intermedia che segue lo scatto e precede la stampa e la sua pubblicazione. Le sezioni espositive sono divise per decadi, e, oltre a far compiere allo spettatore un viaggio nella storia della fotografia, ci permettono anche di entrare a contatto con la storia recente, la cultura e il costume internazionali. La prima sezione riguarda due decenni, dal 1936 al 1949, e raccoglie, tra gli altri, alcuni degli scatti più famosi dei quattro padri fondatori di Magnum: la prima, “Siviglia”, venne scattata da Cartier-Bresson durante un viaggio che lo portò, nel 1933, per tre mesi a viaggiare lungo le città di una Spagna segnata dalla guerra civile in corso con un biglietto del treno di terza classe; Chim immortalò il comizio di un deputato socialista, che arringava la folla in una cittadina nella provincia spagnola dell’Estremadura, non ritraendo l’oratore ma cogliendo l’espressione rapita di una delle donne del popolo, quasi dimentica del bimbo che sta allattando, gli occhi rivolti al pulpito, appena socchiusi per il sole che la investe, sottolineandone i lineamenti stanchi. Rodger fu fra i sei soli corrispondenti che, durante la Seconda Guerra Mondiale, vennero inviati a documentare la Campagna del Deserto occidentale tra Egitto e Libia. Assieme alle forze armate francesi che combattevano l’avanzata delle truppe italiane e tedesche. Le novemila miglia percorse si tramutarono in centinaia di scatti, dei quali solo in parte furono pubblicati dalla rivista Life, che commissionò a Rodger il reportage, mentre la maggior parte delle immagini furono raccolte nel libro Desert Journey, pubblicato nel 1944. Robert Capa rischiò la vita durante il D-Day, per testimoniare lo sbarco in Normandia delle forze alleate. Abbandonata la spiaggia dalla quale stava fotografando salì su una piccola imbarcazione che, appena giunta al largo, venne colpita e affondò. Salvatosi fortunosamente riuscì a mandare agli uffici londinesi di Life i quattro rullini scattati il giorno precedente. Ma per la fretta di asciugare i negativi tre su quattro vennero rovinati, distruggendo drammaticamente gran parte del materiale fotografico. Gli scatti che si salvarono, forse proprio perchè mossi, sfocati, rendono la tensione e la drammaticità di quei momenti. Negli anni ’50 troviamo episodi leggeri come gli scatti di Marc Riboud che, inerpicatosi tra i tralicci della Tour eiffel, scatta dei ritratti all’imbianchino acrobata che ne ritocca il colore; o quelli di Inge Morath che, per la sezione umoristica “Animals” di Life, segue per giorni un serraglio di animali che lavorano nello spettacolo, scattando buffissime foto di loro a spasso per Manhattan. La più famosa ritrae Linda il Lama che si gode il panorama di Times Square sporgendo collo e muso dal finestrino dell’auto che la accompagna. Tuttavia, a fare eco a questi scatti ci sono immagini che riportano alla mente eventi storici di portata mondiale: l’incontro tra Nixon e Kruscev del ’59 nel padiglione delle cucine dell’Esposizione Nazionale Americana a Mosca; l’arrivo di Fidel Castro a L’Avana, nei giorni caldi della rivoluzione; il passaggio del Dalai Lama in India dopo la sua dipartita dal Tibet occupato dai cinesi. Negli anni Sessanta troviamo immortalati uomini politici del calibro di Malcolm X, nel ritratto pieno di fascino fattogli da Eve Arnold nel 1961; il volto serio di Kennedy che appare tra le alte sedute nere della stanza presidenziale; lo sguardo pensoso di Che Guevara, che sembra non fare caso alla presenza di Renè Burri che scattava nella penombra del suo appartamento a L’Avana; Martin Luther King che stringe le mani di una folla appassionata. E ancora, i Beatles in sala di registrazione ai tempi di A Hard Day’s Night; gli scontri di Parigi durante il maggio ’68; l’arrivo dell’esercito russo a Praga che mise fine alla Primavera di liberalizzazione… Il bianco e nero, anziché essere relegato ai primi decenni di sviluppo della fotografia, continua ad essere un linguaggio usato trasversalmente fino ai nostri giorni: nel ritratto realizzato da Raghu Rai a Madre Teresa di Calcutta; nei provini che Susan Meiselas fece alle spogliarelliste incontrate nelle fiere popolari del New England; nello scatto di Peter Marlow che mostra la tempra della Lady di Ferro, Margaret Thatcher…
Dalla fine degli anni Settanta, tuttavia, fa la sua comparsa il colore, assieme alle diapositive che gradualmente vanno a sostituire i provini tradizionali. Kubota, McCurry, Parr, Sanguinetti…nel passaggio dagli anni Ottanta al nuovo millennio l’uso della cromia si fa sempre più accentuato, per diventare preponderante negli scatti dell’ultima decade, 2000-2010. Quest’ultima sezione si apre al digitale, con un esempio di provini digitali ad affiancare lo scatto di Subotzky, “Beaufort West”, ma anche crea un punto di contatto con l’arte contemporanea. Alec Soth (che in “Madre e figlia”, foto tratta dall’ampio progetto “Sleeping by the Mississippi”, usa il banco ottico per scattare) e Jim Goldberg (che nel suo “Proof” raccoglie centinaia di polaroid, a comporre un “album di famiglia” che riunisce esponenti di una “variegata umanità”) fanno coincidere i provini con il prodotto finale del loro lavoro, travalicando l’esigenza di perfezione tecnica a favore di un lavoro più istintivo e concettuale.
A conclusione, ancora un incontro con la storia, la più contemporanea, ma già divenuta “il passato”: gli scatti di Paolo Pellegrin a documentare il funerale di un contadino serbo ucciso nel 2000 in un atto di rivendicazione da parte di Kosovari, tragica testimonianza di una guerra, quella balcanica, mai veramente conclusa, e le inconsuete immagini della caduta delle Torri Gemelle scattate da Thomas Hoepker nel giorno in cui il volto e l’animo dell’America cambiò per sempre: la fotografia non smetterà mai di essere “testimonianza dell’accadere”.
Una mostra certamente complessa, e proprio per questo stimolante. Per chi vuole approfondire le tematiche trattate in mostra, a fianco dell’esposizione, Palazzo Leoni Montanari propone diverse attività collaterali, tra cui le visite guidate gratuite ogni sabato pomeriggio, i laboratori didattici per le scuole, per gli adulti e le famiglie, i workshop di fotografia in esterna e, a breve, un ciclo di film dedicati alla fotografia, nel fine settimana a partire da domenica 16 febbraio. Tutte le informazioni si trovano sul sito di Palazzo Leoni Montanari, o chiamando al n. verde 800578875.
MAGNUM CONTACT SHEETS Gallerie d’Italia, Palazzo Leoni Montanari, Contrà Santa Corona, 25 – Vicenza
Mart – Dom 10.00-18.00 (ultimo ingresso 17.30) fino 11 MAGGIO 2014
Ingresso libero