In quale modo ci si può svincolare da una visione preconcetta e talmente radicata da sembrare l’unica possibile? Solamente cambiando prospettiva, allargando lo sguardo. Portando la visione su un livello differente rispetto al punto di partenza, che scardini l’attaccamento al passato e permetta di “volgersi responsabilmente al futuro”.*
Dolomiti Contemporanee, (di cui ho scritto in passato qui) apre, con la conferenza stampa di ieri, una nuova stagione di cantiere culturale, e tenta, stavolta, la difficile impresa di distruggere, attraverso l’arte, lo stereotipo che attanaglia da decenni la valle del Vajont (all’interno della quale DC ha deciso di stanziare il suo headquarter) quale “luogo deputato alla morte”. Per farlo indìce due “chiamate alle armi”. Two calls for Vajont. Questo il sito dedicato, da ieri on line.
Il progetto Two calls for Vajont si sviluppa attraverso due differenti strade, ma che viaggiano in parallelo. Entrambe infatti si rivolgono agli artisti su scala internazionale (partenariati attivati, per ora, con Francia, Germania e Inghilterra, che faranno da cassa di risonanza al progetto) e entrambe puntano a raccogliere “idee” innovative (due delle quali vedranno la realizzazione, due invece riceveranno un riconoscimento per il loro valore “concettuale”) che verranno valutate da una giuria di rilievo, composta da curatori, artisti e studiosi di fama internazionale: Marc Augé, Pierluigi Basso Fossali, Maria Centonze, Cristiana Collu, Gianluca D’Incà Levis, Alfredo Jaar, Marcella Morandini, Franziska Nori, Fabrizio Panozzo, Angela Vettese.
A call for a Line interessa direttamente la diga, grande lapide che incombe sulla valle a cavallo tra le due province di Pordenone e Belluno, e sulla visione ristretta di chi non riesce a leggere al di là della storia. L’idea è quella di realizzare un’opera che, se da un lato andrà a segnare il livello nell’invaso che l’acqua raggiunse la notte della nota “tragedia”, il 9 ottobre 1963, dall’altro contribuirà a modificarne l’iconografia e pertanto portare la riflessione verso il distaccamento netto con il passato, pur tuttavia nel rispetto della storia che il luogo porta con sè.
A call for a Wall, invece, interessa la facciata del “campo base” di Dolomiti Contemporanee: il Nuovo Spazio di Casso (risultato della riabilitazione dell’edificio che ospitava la scuola elementare di Casso). Emblema della distruzione ma anche della resistenza (all’onda mortale, alla memoria imperitura), lo spazio ospita al suo interno le mostre temporanee che si susseguono durante tutta la stagione estiva. La sua facciata suggestiva, (profondamente segnata dall’onda d’acqua che si apprestava a scavalcare la diga) sarà il luogo sul quale andrà ad insediarsi l’opera vincitrice, anche in questo caso con una tensione verso l’innovazione, in contrasto con una visione stantia e passatista del luogo.
Nel programma di networking che DC ha attivato sul territorio fin dalla sua nascita, la presenza degli sponsor è non solo d’aiuto ma, in questo caso, funzionale alla realizzazione dell’opera stessa. Neonlauro fornirà infatti la tecnologia luminosa della quale dovrà comporsi (come indicato nella call) l’opera. Enel è invece mainsponsor per quanto riguarda A call for a line.
Deadline della call sarà il 30 ottobre prossimo.
* dal comunicato stampa di Dolomiti Contemporanee / Two Calls for Vajont.
Immagine: Nuovo Spazio di Casso (photo courtesy of Dolomiti Contemporanee / Giacomo De Donà)