Un nuovo appuntamento per SCHERMI PIATTI, il cineARTforum di Laboratorio Arka dedicato alle arti contemporanee curato da Petra Cason Olivares.
MARTEDI 5 APRILE – ore 20.45
PINA. A film for Pina Bausch by Wim Wenders
Regia e sceneggiatura: Wim Wenders
Documentario, durata 106 min.
Francia, Germania, Gran Bretagna 2011
Ospite della serata sarà MARIGIA MAGGIPINTO, danzatrice, membro della compagnia del Tanztheater Pina Bausch dal 1989 al 1999, che ci racconterà la sua personale esperienza nel mondo del teatrodanza.
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SINOSSI del film (da ONDACINEMA.IT)
Il talento visivo di Wenders si confronta con la potenza espressiva delle coreografie di Pina Bausch (già comparsa sul grande schermo per Fellini ed Almodovar), il risultato è il documentario musicale “Pina”. Il lavoro era nato da un’idea di collaborazione dei due, amici sin dagli anni ’70, e concretizzatosi solo nel 2008 per subire un drastico arresto nell’anno successivo quando il 30 Giugno la Bausch morì all’età di 68 anni. A breve distanza il progetto ripartiva, ma ristrutturato sin alle fondamenta per diventare un ricordo del lavoro ed un omaggio alla coreografa del Tanztheater Wuppertal.
Sin dall’apertura col Rite of Spring, per il quale il palco è completamente ricoperto di terra, “Pina” segue le principali coreografie che la Bausch aveva disegnato sui principi del teatrodanza, un progetto che idealmente portava a termine quel processo di liberazione dai canoni del balletto classico che già Francois Delsarte aveva messo in crisi e che si accentuavano nell’espressionismo tedesco negli anni di Weimar. La liberazione del corpo da ogni costrizione e necessità, la ricerca di una libertà espressiva e comunicativa che rompeva anche il silenzio dei corpi muti conduceva ad una rottura con una struttura narrativa lineare sfociando nel simbolico che evocativamente cercava di accordarsi con le più primitive pulsioni umane. Una raffigurazione della vita in ogni sua tendenza. Un compito questo cui Pina Bausch ha dedicato la sua intera vita raggiungendo, con uno sguardo pittorico sulla messa in scena e con un fascio di idee ben salde, il riconoscimento da parte di critica ed ampio pubblico in giro per il mondo.
Wenders, poliedrico occhio del nuovo cinema tedesco, offre con “Pina” una nuova dimensione al lavoro infaticabile della Bausch aprendogli spazi che la natura scenica delle opere di teatrodanza precludeva e con continue invenzioni visive porta alla fioritura di tutte le idee della coreografa tedesca. Il risultato è un’opera emozionante, visivamente potente. Così gli infiniti ostacoli del cieco Café Müller disturbano e sbarrano i movimenti dei ballerini in una danza malinconica che accelera vertiginosamente quasi fino al collasso delle membra e che il regista inscatola in un plastico osservabile dall’esterno, così la gioia esplosiva di un movimento attorno al quale la coreografa struttura Full Moon e che Wenders insegue rompendo la barriera frontale del palcoscenico. Corpi che cercano di ricavare la loro dimensione negli spazii urbani con i quali si integrano o lottano, con cui si accordano o stridono in modo disturbante. Corpi che divengono ostacolo o mezzo di liberazione. Corpi che continuamente cercano il loro più autentico mondo d’appartenenza nell’incontro/scontro con gli elementi naturali o con gli artifici umani. Un corpo, è quello dell’uomo, che cerca instancabilmente la sintesi col mondo circostante. Gravità, leggerezza, costrizione, libertà. “Pina” è la coscienza del corpo, semplice bellezza.
In questo accorato ricordo di un’amica perduta ricostruito attraverso le parole dette e impresse nella mente, memoriale di una grande artista, Wenders in un dono d’amore disintegra la forma-documentario per ricostruirla attorno al flusso delle danze che sembrano già dialogare tra loro e ci offre alcune delle più belle immagini del cinema dei nostri giorni, evocative icone in movimento che si fanno largo nell’inconscio. Tra tanti timidi sguardi che sfiorano a malapena la cinepresa si alza un inno alla vita, lirica struggente della bellezza stessa.
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SCHERMI PIATTI è organizzato da Petra Cason Olivares, art curator.
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INFORMAZIONI
Il cineARTforum si terrà presso LABORATORIO ARKA – Contrà Mure San Michele 21-27, Vicenza
PRENOTAZIONE ALLE SERATE VIVAMENTE CONSIGLIATA ! (*posti a sedere limitati)
Per INFO e PRENOTAZIONI scrivere a petra@olivarescut.it
Link all’evento su FACEBOOK qui
L’ingresso è riservato ai SOCI LABORATORIO ARKA (costo tessera 2016 è di 5 euro).
Contributo a serata di 4 €.
Chi è Vivian Maier?
Una perfetta sconosciuta, che, suo malgrado è giunta agli onori della cronaca a seguito di un fortuito ritrovamento di quello che era il suo “tesoro” celato.
Chissà se una donna schiva come lei avrebbe gradito tanto chiasso nei confronti della sua persona e della sua passione…
Vivian Maier ha trascorso un’esistenza lunga, e piuttosto solitaria. Nata a New York nel 1926 da genitori di origine europea (il padre era americano ma originario di una famiglia austriaca, la madre di natali francesi) trascorse l’infanza tra New York e la Francia, dopo la separazione dei suoi.
Per alcuni anni Vivian visse assieme alla madre nel Bronx presso un’amica francese – Jeanne Bertrand – fotografa professionista che trasmise alle due ospiti la passione per la sua professione.
Grazie alla vendita di una proprietà che le era stata lasciata in eredità nella regione francese di cui era originaria la famiglia, Vivian, all’età di 25 anni, riuscì ad acquistare due apparecchi fotografici, con i quali, messi a tracolla, percorse la regione delle Alte Alpi francesi, e in seguito il Nordamerica, scattando centinaia di fotografie.
Dal 1951, prima a New York e poi definitivamente a Chicago, Vivian si guadagnò da vivere facendo la bambinaia per ricche famiglie di americani. Diceva di non saper fare altri lavori, il mestiere di tata non la faceva impazzire. Eppure riuscì a farsi amare dai ragazzini di cui, negli anni si occupò. In modo particolare dai tre figli dei Gensburg, che si presero cura della loro “Mary Poppins” quando Vivian divenne anziana e, a causa di gravi difficoltà finanziarie, finì per trovare alloggio presso una pensione a buon mercato, e le fu pignorato il suo unico vero patrimonio. Difatti, in cinquant’anni e passa trascorsi a servizio di famiglie non sue, passò tutto il tempo che le rimaneva lontano dai pargoli a scattare fotografie e girare filmini in super8.
Era diventata un tutt’uno con la sua passione, che la coinvolse al punto tale da immedesimarsi nei panni di un “personaggio”, e attraverso gli occhi del suo appassionato alter-ego, documentò il suo passaggio nel mondo.
Le duecento scatole di cartone in cui lei per anni accatastò negativi e rullini non sviluppati furono messe all’asta quando Vivian non fu più in grado di pagare l’affitto del box che conteneva i suoi averi, e fu esattamente in quel momento che John Maloof, figlio di un rigattiere, entrò in possesso del tesoro di Vivian e portò alla luce un enorme patrimonio di immagini, poco prima della morte della fotografa, avvenuta nel 2009.
Una passione tenuta nascosta, o meglio, vissuta per il proprio piacere personale, senza bisogno di ostentazione o approvazione da parte di chicchessia.Il bagno privato di Vivian trasformato in una camera oscura, e al posto della toletta la nostra si dedicava a sviluppare i negativi.
Camera al collo, usciva in starda e anno dopo anno si dedicò sempre più seriamente a ritrarre tutti i soggetti le capitava di incontrare lungo le strade dei quartieri diventati suo terreno d’esplorazione: dai mendicanti ai personaggi famosi, dai mocciosi di strada a donne impellicciate. Fino a rivolgere la camera verso di sè, ma mai direttamente, cogliendo la sua persona attraverso le superfici specchianti delle vetrine dei negozi.
Una personalità strepitosamente affascinante, vissuta quasi totalmente nell’ombra, o ora disvelata, sotto gli occhi di tutti.
John Maloof ne fece un film dcumentario. Ma dopo aver chiarito cosa faceva, e in che modo magnifico lo faceva, la “street photographer ante litteram”, resterà da chiedersi: ma chi era, davvero, Vivian Maier?
Ultimo appuntamento del 2015 di SCHERMI PIATTI cineARTforum, progetto della Petra Cason con l’associazione Laboratorio Arka
MARTEDI 8 DICEMBRE ore 20.45
Introduce la proiezione del docufilm “ALLA RICERCA DI VIVIAN MAIER” Carlo Sala, critico d’arte e curatore.
E’ stato curatore del Comitato scientifico per le celebrazioni del centenario della nascita di Toni Benetton. Ha curato (con Nico Stringa) il Padiglione Venezia alla 12.Mostra internazionale di Architettura, Biennale di Venezia.
Ha curato l’edizione 2008 della Sezione Fotografica del Premio Internazionale Arte Laguna e attualmente è membro di giuria del Premio Nascimben. E’ stato uno dei curatori della 10. del Festival Art Stays a Ptuj (Slovenia) in occasione di Maribor Capitale europea della cultura.
E’ membro del comitato curatoriale della Fondazione Fabbri per cui cura il festival F4 / un’idea di Fotografia e il Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee.
E’ consulente per la Provincia di Treviso del palinsesto RetEventi e curatore del circuito di mostre Liquida – Arte in Rete.
E’ docente al Master in Photography all’Università IUAV di Venezia.
Sui saggi e testi critici sono apparsi in circa 30 pubblicazioni con varie case editrici, tra cui Allemandi, Marsilio, Mimesis, Bruno Mondandori e Skira.
Collabora come curatore indipendente in spazi pubblici museali e gallerie private. In particolare la sua attività è orientata alla progettazione e curatela artistica di rassegne che esplorino le tendenze contemporanee e lo scouting dell’arte emergente.
SCHERMI PIATTI cineARTforum non è una semplice rassegna cinematografica sull’arte contemporanea. E’ un’occasione per approfondire argomenti e artisti, talvolta poco conosciuti, attraverso le introduzioni di curatori e critici, e attivando dialoghi tra il pubblico, addentrandosi così nel mondo dell’arte contemporanea, al di fuori di gallerie e musei, e comprenderla un po’ di più.
Dopo i primi due appuntamenti, con i docufilm su due artisti di fama mondiale, Marina Abramovic e Ai Weiwei, la rassegna dedica i due martedì di novembre alla scoperta di giovani artisti contemporanei e alla loro ricerca svolta in relazione al paesaggio, al territorio che li riguarda da vicino.
Martedì 10 novembre ha visto il collegamento in diretta con Lastation, spazio di ricerca e “cabina di regia” dell’associazione Ramdom, situato al primo piano della stazione ferroviaria di Gagliano del Capo. L’artista Luca Coclite ha introdotto il film “Extreme Land”, che racconta il dietro le quinte dei progetti realizzati in quell’area di Puglia negli ultimi due anni nell’ambito di “Indagine sulle Terre Estreme”: una narrazione collettiva, che ha visto coinvolti artisti, associazioni e curatori coordinati da Ramdom, mettendo in luce il rapporto, dal punto di vista paesaggistico, sociale, ambientale, con un territorio – quello nell’estremità della Penisola – tutt’altro che semplice.
Proseguendo nell’affrontare i temi introdotti da “Extreme Land”, la serata di martedì 24 novembre sarà dedicata a “Bestie, arbusti e artifici”, selezione – compiuta dalla curatrice Veronica Mazzucco – di opere video di breve durata che compongono un percorso nell’esplorazione del rapporto uomo-natura.
I video, opera degli artisti Jérémy Laffon, Daniele Pezzi, Fabrizio Prevedello*, Cosimo Terlizzi* e Lucia Veronesi spaziano attraverso differenti tipologie (documentario, short movie, animazione, …) e registrano, attraverso il filtro concettuale dell’artista, una diversa modalità di approccio e di analisi del mondo naturale.
“Uomo e natura non nascono nello stesso momento. Tra i due vi è da sempre un rapporto di forze che mirano alla prevaricazione dell’uno sull’altro, un campo di tensioni all’interno del quale gli equilibri sono sottoposti a continue oscillazioni. Grazie alla sua capacità di pensiero, l’uomo ha la possibilità di perfezionare quello che la natura gli ha offerto. Si serve delle arti e costruisce artifici. Rappresentare la natura attraverso il medium del video, pur tentando la mimesi, diventa un’operazione artificiale, in quanto frutto di una progettazione umana, inevitabilmente scevra da una selezione critica e da un desiderio narrativo. Attraverso il montaggio filmico, che permette allo spettatore di immergersi totalmente nella scena arrivando a pensare di trovarcisi nel mezzo, l’uomo compie un atto estremamente artificiale.”
La curatrice Veronica Mazzucco, bellunese d’origine, si è formata ad Udine e Venezia, dove si è laureata in Egart. Ha iniziato ad operare in campo culturale presso la Collezione Peggy Guggenheim, la Biennale di Venezia e Dolomiti Contemporanee. Attualmente frequenta CAMPO15, scrive per Artribune e lavora sulla Parlanza, il suo blog.
SCHERMI PIATTI cineARTforum è un progetto curato dalla curatrice Petra Cason e l’associazione Laboratorio Arka.
SCHERMI PIATTI cineARTforum
“BESTIE, ARBUSTI E ARTIFICI”, con Veronica Mazzucco
Martedì 24 novembre dalle 20.45
presso Laboratorio Arka, Contrà Mure San Michele 27 – Vicenza
Per info e prenotazioni
petra@olivarescut.it
www.laboratorioarka.com/associazione
www.olivarescut.it
Prossimo appuntamento: martedì 8 dicembre, ore 20,45, con la proiezione del docufilm “Alla ricerca di Vivian Maier”, serata dedicata alla fotografa statunitense, introdotta dal critico e curatore d’arte Carlo Sala.
* Courtesy video: Galleria Cardelli&Fontana per Fabrizio Prevedello; Traffic Gallery per Cosimo Terlizzi.
(immagine in evidenza di LUCIA VERONESI)
Ci siamo incontrati, io e Ramdom, circa un anno fa, nella fascia di cemento che divide a metà il padiglione 11 di ArtVerona, quel lembo di terra rubato alle gallerie ufficiali e destinato agli “INDEPENDENTS”, per “dare spazio e visibilità in una fiera d’arte moderna e contemporanea alle più interessanti realtà artistiche e sperimentali italiane, che si muovono in maniera autonoma ed emancipata rispetto al sistema istituzionale e che sono spesso catalizzatrici di nuove tendenze”. (cit.)
Io ero lì come Olivares cut, con un set che era un salotto, all’interno del quale si tennero incontri (talk) sul valore dell’arte contemporanea. Ramdom invece portava l’“Indagine sulle Terre Estreme”, una ricerca in continua evoluzione che interroga e va a scoprire il rapporto tra il territorio da dove Ramdom viene, l’ultima appendice di terra della splendida Puglia, un territorio tanto affascinante quanto non facile. C’erano alcuni video, oggetti e brani di immagini tratti dalle performance, tutti a comporre un quadro tridimensionale del progetto iniziato nel 2013 dall’associazione.
Un progetto impegnativo e profondo, che bene coniuga contenuti ed estetica, che mica guasta, anche nell’arte contemporanea, soprattutto quando si vogliono muovere critiche nei confronti di qualcosa di negletto.
In questi mesi ho tenuto i contatti con Paolo Mele, il curatore di Ramdom. Lui scriveva da Ney York, dove lavora, io dal bel paesello del Palladio, quello che ha un obbrobrio architettonico mostruosamete grande proprio in traiettoria visiva tra casa mia e villa Capra, la famosa Rotonda. E ho seguito a distanza, ma con la vicinanza che i social network usati scientemente consentono, la nascita e lo sviluppo di Lastation, la “casa” di Ramdom.
Avete presente quell’iniziativa promossa dal gruppo FSI di cedere in comodato d’uso a Istituzioni del territorio (organizzazioni no profit attive nei diversi settori) degli spazi “non strumentali”, o meglio le stazioncine chiuse da tempo, quando il giro di vite effettuato negli ultimi decenni dalle Ferrovie ha ridotto drasticamente il personale e concentrato le attività solamente nei centri di maggiore passaggio? Bene, Lastation sta al primo piano di uno di questi spazi, o meglio, nell’ultima stazione a sud-est d’Italia, nel tacco dello stivale peninsulare, e lì Ramdom ha instaurato la sua “cabina di regia”, luogo di residenza artistica, hub, punto di ricerca, spazio culturale aperto alla cittadinanza che vive e gravita per Capo di Leuca.
Così quando ho cominciato a pensare a come parlare di arte contemporanea senza necessariamente fare tutte le volte una mostra, ho pensato anche a Lastation.
Ho scelto la modalità del cineforum, ho pensato di suddividere questo primo tentativo di SCHERMI PIATTI in due sezioni, la prima “docufilm” dedicata ad artisti famosi, partire da “facce note”, ma avvicinando il pubblico introducendo il contesto in cui questi artisti si inseriscono, con la possibilità di approfondire in seconda battuta ciò che vedono nel corso della serata.
L’altra sezione invece l’ho chiamata “studio”, ed è dedicata ai contributi video che parlino dell’arte “realmente” contemporanea, o meglio ancor più contemporanea, perchè andiamo a scoprire di volta in volta artisti giovani, e i progetti artistici, e ricerce che stanno portando avanti esattamente in questo frangente storico. L’arte è lo specchio del tempo, o la lente attraverso la quale guardare il mondo con occhi più limpidi.
Quindi ecco, dopo il successo dei primi due appuntamenti, il primo su Marina Abramovic, con la proiezione del docufilm “The Artist is present” e un mio breve excursus sulla performance art, il secondo su Ai Weiwei e la proiezione del suo “Never Sorry”, anticipata dalla presentazione del progetto “Meschino” del duo artistico Fagarazzi e Zuffellato, la terza serata di SCHERMI PIATTI sarà dedicata totalmente a Lastation e al progetto Terre Estreme, con la diretta video da Capo di Leuca su Vicenza, e la proiezione del film EXTREME LAND, che verrà introdotto da Luca Coclite, uno degli artisti di Ramdom e mio interlocutore negli ultimi tempi, e farà seguito da un dibattito, che coinvolgerà tanto il pubblico di Lastation quanto il nostro vicentino a Laboratorio Arka.
(Una breve anticipazione, sempre nella sezione “studio”, martedì 24 novembre la blogger e curatrice Veronica Mazzucco presenta una selezione di opere di videoarte nella serata intitolata BESTIE, ARBUSTI E ARTIFICI, mentre martedì 8 dicembre il curatore e critico Carlo Sala introdurrà il “docufilm” “Alla ricerca di Vivian Maier, sulla fotografa statunitense).
Qualche info su ciò che andremo a vedere martedì:
TERRE ESTREME | EXTREME LAND
Extreme Land è un film sulla fine, sull’estremità. Uno sguardo sull’estremo lembo a sud est d’Italia.
Dal 2013, lì dove Adriatico e Ionio si ricongiungono, nel cuore del mediterraneo, l’associazione Ramdom, ha lanciato “Indagine sulle Terre Estreme” un progetto di studio e analisi artistica del territorio, del paesaggio, degli elementi socioculturali di questa terra di confine. Artisti, curatori, ricercatori, residenti, soggetti pubblici e privati, sono stati invitati ad analizzare il Capo di Leuca: lo hanno studiato, destrutturato e rielaborato attraverso produzioni artistiche di varia natura e forma.
Il film è un “dietro le quinte” dei lavori realizzati: si costruisce attorno ad una serie di immagini, molte delle quali inedite, che compongono il cospicuo materiale d’archivio prodotto e raccolto a partire dalla fine del 2013. È una narrazione collettiva: i “punti di vista” sono molteplici e complessi, così come sfaccettato appare questo estremo lembo di terra. Il risultato è la creazione di una video-cartolina insolita, dove a essere rappresentate sono le visioni non standardizzate dei luoghi.
EXTREME LAND, attraverso gli interventi Imaginary holidays (Coclite), Parade for the landscape (Andreco), Remapping extreme land (Carboni), Oltre il paesaggio (Casas), Deriva (De Mattia e Coclite) e Defautl15 (artisti vari), riflette e s’interroga sui contrasti di questa terra, espressi, in maniera evocativa, dai paesaggi diversificati che la compongono. Il video si dipana lungo una traiettoria, quella compiuta dal sole, che solo da una Terra Estrema come quella in questione si ha il privilegio di vedere nascere e morire lungo lo stesso orizzonte.
Il film, realizzato da Luca Coclite, è prodotto da Ramdom all’interno del progetto GAP grazie al sostegno della Fondazione con il Sud e dell’Assessorato alla Cultura della Regione Puglia.
Vi aspettiamo numerosi MARTEDì 10 NOVEMBRE dalle 20.45 nella sede dell’ass. Laboratorio Arka.
Qui trovate l’evento su facebook
SCHERMI PIATTI cineARTforum
A cura di Petra Cason
Associazione Laboratorio Arka – contrà Mure San Michele 27, Vicenza
Ingresso al cineforum 4 € (+ 3 € tessera associazione anno 2015)
Per info e prenotazioni: petra@olivarescut.it
*foto in evidenza IMAGINARY HOLIDAY, Luca Coclite
“Per il mio lavoro sono come un soldato dell’arte: faccio sempre quello che deve essere fatto. Ma poi quando torno a casa divento una bambina piccola che vuole solo essere amata e questa è la grande contraddizione che devo vivere nella mia vita. Quindi non è vero che vivo in una performnce contina di 24 ore. C’è una parte di me che vuole nascondersi al mondo e piangere, senza essere vista.”*
Ecco il motivo per cui ho scelto di cominciare la rassegna sull’arte contemporanea di SCHERMI PIATTI con la figura di Marina Abramovic. Perchè attorno a lei si è creato un alone di aspettative, la fama e il successo (che non le dispiacciono – a chi dispiacerebber, d’altro canto?), è tanto osannata quanto aspramente criticata per il suo “metodo” che porta avanti con la scientificità di un dottore, ma nonostante tutto ciò è anch’essa vulnerabile, e nonostante abbia fatto dell’arte la sua vita, i due aspetti confliggono, lottano tra di loro, in una battaglia inesausta.
Il “soldato dell’arte” l’ha portata negli anni – dagli anni Settanta ad oggi – a spingere i propri limiti di resistenza e sopportazione sempre un po’ più in là, e in tutta la sua ricerca l’aspetto umano è preponderante: Marina indaga se stessa, ma allo stesso tempo si pone in relazione con l’altro, sia esso il partner con il quale realizza le performance – con Ulay dal 1975 al 1988, pensiamo alla serie di “Relation in…” -, o piuttosto il pubblico – la folla è fatta di individui singoli, che reagiscono di fronte alle performance in modi assolutamente differenti l’uno dall’altro.
“In culture più primitive le sarebbero stati attribuiti grandi poteri e, forse, bisognerebbe attribuirglieli oggi. In ogni caso, la pratica di nessun’altra arte richiede il sacrificio preteso dalla performance.”*
Alla scoperta della performance art e di Marina Abramovic. Con la visione del docufilm “The artist is present”.
Martedì 13 ottobre dalle 20.45, presso Laboratorio Arka a Vicenza.
QUESTO IL PROGRAMMA COMPLETO DI SCHERMI PIATTI.
*Testi tratti da Dr. Abramovic, a cura di F. Baiardi