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Olivares cut @ PULSART RESTART

Take Care Corner è il progetto che Olivares cut portò nel 2013 ad ArtVerona fiera, nell’angolo che, nella sezione “blogger”, Independents le aveva riservato. Uno spazio intimo ed accogliente, pur nell’ambiente caotico di una fiera, all’interno del quale riflettere sull’arte e dialogare in modo diretto, ravvicinato, con artisti e curatori.

Olivares cut, ospite di Pulsart all’interno di Via Pasubio Project Corner, vuole ricreare un angolo dove poter discutere di arte ma, in questo particolare ambito, il dialogo avverrà con il pubblico: chi desidererà fermarsi a parlare nel salottino potrà rispondere ad alcune brevi domande che stimolino l’interesse e il dibattito nei confronti del “valore dell’arte” e portare le proprie riflessioni e considerazioni sull’argomento.
All’interno di un sistema in preda a una generalizzata “crisi di valori” la domanda
“che valore ha l’arte”, per ciascuno di noi, non necessariamente coincide con l’interrogativo “quanto saremmo disposti a spendere per un’opera d’arte”, ma piuttosto con la domanda “quanto conta l’arte nella nostra vita?”. L’arte è un valore aggiunto o un vuoto a perdere?

A partire da questi interrogativi si svilupperà il progetto del secondo episodio del Take Care Corner di Olivares cut.

“Venerdì 4 luglio
in occasione della giornata di inaugurazione di
 PULSART RESTART 2014
via Pasubio Alta si trasformerà in zona pedonale
diventando un percorso che unirà Lanificio Conte, spazio Shed e Palazzo Toladi
attraverso il quale potrete conoscere i protagonisti di alcuni tra i più interessanti progetti indipendenti del momento.
Verranno allestiti per l’occasione dei salottini, luoghi fisici che permetteranno l’incontro tra le realtà culturali indipendentiattive nel mondo dell’arte e della cultura e il pubblico.
Basterà sedersi e chiacchierare con loro per immergersi nei processi creativi che hanno generato i progetti culturali che abbiamo deciso di presentarvi.”

questionario per PULSART

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Mutare, silenziosamente

Il Nuovo Spazio di Casso (NSDC) è un luogo permeabile. Grandi vetrate si aprono a nord, verso il paese, e a sud, verso il poderoso Monte Toc e, soprattutto da questo versante, il verde delle pendici, l’aria – che porta con sé il sentore di erba tagliata e umidità di sottobosco – entra nelle stanze vuote, fondendo e confondendo il dentro con il fuori.

Arrampicate sulle pareti delle sale, rimaste sgombre per tutto l’inverno, ora ci sono le “carte animate” di Denis Riva: artista di origine emiliana, Denis ha portato a Cas i suoi lavori da Follina, dove vive e lavora, nel verde della campagna, “in una specie di comune, ma più bella”.
Gianluca D’Incà Levis, curatore dell’esposizione  l’ha pensata assieme all’artista, e nei tre giorni di allestimento che sono stati di gestazione dell’idea di mostra, l’ha resa concreta, assemblandola piano, un pezzo alla volta. Cambio di muta (che apre la stagione estiva di mostre di Dolomiti Contemporanee all’ombra del Toc) è un gioco di linee a sghimbescio: Denis Riva ha vestito lo spazio con il suo immaginifico microcosmo dipinto. É un universo su carte usate – dai bordi irregolari, già intrise di un loro vissuto, già sporcate dalla luce che le ha ingiallite, già mosse da pieghe fatte e disfatte un’infinità di volte – che Denis tiene come fossero mappe su cui orientarsi attraverso la propria esistenza. E questi, che a chiamarli supporti si rischia di svilirli, sono animati da esseri ibridi, un po’ animali, un po’ vegetali, un po’ umani. Personaggi bidimensionali, silouette di loro stessi, che sembrano, in molti casi, fluttuare mollemente tra le carte, incollate l’una all’altra a comporre racconti muti che si svolgono nello spazio come rotoli di pergamena. Fluttuano, perchè la loro stessa composizione è un fluido: alla mia domanda che interroga l’artista sul medium usato per i suoi dipinti, mi sento rispondere che quello che compone i lavori è un “intruglio” che Denis chiama il suo “lievito madre”: un’acqua senza fine, che mischia i pigmenti di colore, li lascia decandare finchè non arriva un pennello a scuotere il fondo del contenitore e cambiare le sorti del torbido, impedendo all’artista stesso di sapere esattamente quale tono uscirà, una volta che le setole si poseranno sul foglio.

Al piano terra del NSDC una carta di sei metri compone Dopo l’incendio. I rami spezzati e i tronchi, del colore del carbone, si confondono con le bruciature che segnano vistosamente la carta e, nella penombra della sala, sembrano echi distanti di un disastro annunciato. Il dialogo con l’esterno incombe sempre, non è mai dimentico.

DC_Denis Riva_Cambio di Muta_Allestimento nel Nuovo Spazio di Casso_Foto Sergio Casagrande

Veduta della mostra, piano terra. A sinistra “Dopo l’incendio”. A destra “Trasporti eccezionali”*

Ma è nel secondo piano, bagnato della luce calda di giugno che entra dalle finestre, che si sviluppa il cuore dell’esposizione. Tutto ruota attorno alla carta che noi abbiamo affettuosamente soprannominato “il grande sasso” ( Sasso 1:1, dipinto su un’improbabile quadrato di quasi tre metri di lato): su una sottile striscia di terra dipinta si appoggia questa grande presenza grigia, pennellate stratificate come ere geologiche, dripping a vivacizzarne la china. E tutt’attorno il bianco (che non è bianco) della carta “di recupero” sulla quale la montagna prende forma. Nel riuso dei materiali in una necessità che oscilla tra l’ecologico, il vintage e il bisogno di radici, si basa molto del lavoro di Denis Riva esposto qui.

Sasso 1:1

Sasso 1:1 *

Senza soluzione di continuità, piccoli paesaggi, dipinti su cartoncini rettangolari, corrono lungo la parete alla sinistra del grande sasso, svoltano l’angolo e…collegano la montagna dipinta con la montagna reale: il Toc entra letteralmente dal vetro, è talmente subito lì fuori che sembra di poterlo toccare, solo allungando una mano oltre la piccola balaustra. É un’emozione forte, raddoppiata. Ancora a mescolare l’esterno con l’interno.

Il Toc, i Paesaggi*

Il Toc, i Paesaggi*

Cambio di muta è il seguito di un lavoro iniziato dall’artista nel 2013. L’inverno scorso Denis Riva ha dato alle stampe una raccolta di disegni a china intitolata Muta Invernale: lo splendido catalogo è muto. Nessuna scritta, nessuna didascalia alle opere, nessun testo a spiegare il lavoro, se non il rilievo bianco del titolo in copertina, di una carta pregiata, come l’interno. Le “incisioni mancate”, le chine che stanno sulla parete che guarda in faccia il Toc, fanno parte di questa nuova fase: sono delicati disegni neri, resi ancora più suggestivi dai titoli (che in questa mostra accompagnano tutti i lavori esposti) scritti a matita in un angolo delle carte, come a non voler disturbare nulla con la loro schematica presenza. Confidenze silenziose, Ascoltare è importante, Morte apparente…sembrano storie illustrate a una scena. I personaggi che li popolano diventano essi stessi parte del paesaggio: conigli ai quali spuntano rami, uomini con al posto del capo grossi pennuti, sassi-teste su cui vivono colonie di piccoli corvi (o come nel “legno” trittico Trasporti eccezionali, nascosto dalla chiocciola di scale del piano terra, nel quale è un sasso-testa di cane ad essere trasportato da indaffaratissimi polli con la testa di lupo e la coda di volpe).
E una Catasta di legna arsa, che sembra essere stata raccolta dal bosco dipinto del piano di sotto…

Confidenze silenziose

Confidenze silenziose

Sempre su questo piano, la stanza “voliera” che contiene Bird Trip espone un’ordinatissima scacchiera di uccelli-macchia. Sgargianti pennuti senza piume, solo colore che si espande tra la trama e l’ordito dei rettangoli di cellulosa su cui stanno appollaiati.

“Bird Trip” nella stanza voliera

La videoinstallazione H5N1, invece, è situata in uno stanzino all’ultimo piano del NSDC: il suono che percuote le casse lo si sente fin dall’ingresso, tre piani più in basso. Il video riprende l’azione performativa di Denis – un dripping impazzito dal quale escono in piano sequenza sempre nuove immagini di uccelli dipinti – e tiene il ritmo sincopato del pezzo musicale che lo scandisce. Vero lavoro di rottura rispetto al silenzio, e all’apparenza di estrema delicatezza nel gesto, che sembrano rivelare i disegni esposti fin qua.

Per concludere, un balzo indietro: sul pavimento della sala centrale, è posato un cameo dalla mostra (sempre curata da DC) et un’oseliera et non vi è. Al Castello di Andraz Denis Riva aveva esposto Andraz – sogni, rocce, tempi, un libro d’artista realizzato durante la residenza dolomitica del 2013, in realtà un album fotografico interamente dipinto su ispirazione dell’esperienza vissuta a contatto con la natura. Alcuni di questi disegni hanno tutto l’aspetto delle macchie di Rorschach. Che cosa però, noi li accucciati a terra a sfogliare queste spesse pagine increspate, vogliamo leggerci, in quelle forme dipinte, a nessuno – tranne che a noi stessi – sarà dato sapere…

Libro d'Andraz

Libro d’Andraz*

La mostra Cambio di muta, inaugurata il 12 giugno, è aperta fino al 12 luglio 2014.
Per visitarla è necessario prenotare: info@dolomiticontemporanee.net / tel. 0427.666068

Immagine iniziale: dalla serie BIRD TRIP. Tutte le immagini sono su gentile concessione dell’artista e di Dolomiti Contemporanee / * foto di Sergio Casagrande/

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Dolomiti Contemporanee 2014. Una doppia chiamata alle armi

In quale modo ci si può svincolare da una visione preconcetta e talmente radicata da sembrare l’unica possibile? Solamente cambiando prospettiva, allargando lo sguardo. Portando la visione su un livello differente rispetto al punto di partenza, che scardini l’attaccamento al passato e permetta di “volgersi responsabilmente al futuro”.*

Dolomiti Contemporanee, (di cui ho scritto in passato qui) apre, con la conferenza stampa di ieri, una nuova stagione di cantiere culturale, e tenta, stavolta, la difficile impresa di distruggere, attraverso l’arte, lo stereotipo che attanaglia da decenni la valle del Vajont (all’interno della quale DC ha deciso di stanziare il suo headquarter) quale “luogo deputato alla morte”. Per farlo indìce due “chiamate alle armi”. Two calls for Vajont. Questo il sito dedicato, da ieri on line.
Il progetto Two calls for Vajont si sviluppa attraverso due differenti strade, ma che viaggiano in parallelo. Entrambe infatti si rivolgono agli artisti su scala internazionale (partenariati attivati, per ora, con Francia, Germania e Inghilterra, che faranno da cassa di risonanza al progetto) e entrambe puntano a raccogliere “idee” innovative (due delle quali vedranno la realizzazione, due invece riceveranno un riconoscimento per il loro valore “concettuale”) che verranno valutate da una giuria di rilievo, composta da curatori, artisti e studiosi di fama internazionale: Marc Augé, Pierluigi Basso Fossali, Maria Centonze, Cristiana Collu, Gianluca D’Incà Levis, Alfredo Jaar, Marcella Morandini, Franziska Nori, Fabrizio Panozzo, Angela Vettese.

A call for a Line interessa direttamente la diga, grande lapide che incombe sulla valle a cavallo tra le due province di Pordenone e Belluno, e sulla visione ristretta di chi non riesce a leggere al di là della storia. L’idea è quella di realizzare un’opera che, se da un lato andrà a segnare il livello nell’invaso che l’acqua raggiunse la notte della nota “tragedia”, il 9 ottobre 1963, dall’altro contribuirà a modificarne l’iconografia e pertanto portare la riflessione verso il distaccamento netto con il passato, pur tuttavia nel rispetto della storia che il luogo porta con sè.

A call for a Wall, invece, interessa la facciata del “campo base” di Dolomiti Contemporanee: il Nuovo Spazio di Casso (risultato della riabilitazione dell’edificio che ospitava la scuola elementare di Casso). Emblema della distruzione ma anche della resistenza (all’onda mortale, alla memoria imperitura), lo spazio ospita al suo interno le mostre temporanee che si susseguono durante tutta la stagione estiva. La sua facciata suggestiva, (profondamente segnata dall’onda d’acqua che si apprestava a scavalcare la diga) sarà il luogo sul quale andrà ad insediarsi l’opera vincitrice, anche in questo caso con una tensione verso l’innovazione, in contrasto con una visione stantia e passatista del luogo.

Nel programma di networking che DC ha attivato sul territorio fin dalla sua nascita, la presenza degli sponsor è non solo d’aiuto ma, in questo caso, funzionale alla realizzazione dell’opera stessa. Neonlauro fornirà infatti la tecnologia luminosa della quale dovrà comporsi (come indicato nella call) l’opera. Enel è invece mainsponsor per quanto riguarda A call for a line.
Deadline della call sarà il 30 ottobre prossimo.

 * dal comunicato stampa di Dolomiti Contemporanee / Two Calls for Vajont.

Immagine: Nuovo Spazio di Casso (photo courtesy of Dolomiti Contemporanee / Giacomo De Donà)

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OPEN STUDIO – oggi Vicenza scopre gli studi d’artista

Scoprire cosa si cela all’interno di uno studio d’artista non è sempre così semplice. Spesso questi sono luoghi suscettibili del “senso dell’ordine” di chi ci crea all’interno, inavvicinabili dai “non addetti ai lavori”, frequentati dai suoi avventori ad orari improbabili, semisconosciuti…

Olivares cut assieme a The Soul in The Mirror (alter ego della blogger Teresa Francesca Giffone) provano a trasmettere la loro curiosità alla città di Vicenza. Abbiamo rivolto a diversi artisti l’invito a partecipare alla “puntata zero” di OPEN STUDIO, e al pubblico vicentino di avventurarsi tra opere d’arte e artisti disposti a far conoscere il proprio lavoro.

OPEN STUDIO zero > OGGI DOMENICA 11 MAGGIO
Dalle ore 16 alle 20 gli spazi sono aperti al pubblico a ingresso libero.
Durante tutto il pomeriggio si susseguiranno alcuni eventi. Questo il programma completo:

SARTORIA LARA COSSÈR – Contrà San Marco 39
Lara Giuriati presenta una capsule collection di abiti studiati su alcune campionature di Mirella Spinella. Enrico Larese Filon curerà la selezione musicale.
Manuel Pablo Pace espone alcuni lavori della sua più recente produzione artistica.

SPAZIO 6 – Contrà San Pietro 6
Lo spazio, sorto nelle stanze dello storico studio fotografico di Attilio Pavin, propone dalle 10.30 alle 16.30 una MARATONA FOTOGRAFICA alla quale ci si può iscrivere in loco.
18.30 Inaugurazione della mostra fotografica GENIUS LOCI di Marco Fogarolo.

DER RUF – Contrà Porta Padova 89
Nello studio dall’atmosfera berlinese Patrizia Peruffo esporrà i suoi taccuini di design, mentre Giusto Pilan presenterà la sua ultima produzione pittorica e di incisioni.
17.30 Mirko Cremasco presenta “VIAGGIO”, performance con voce narrante e istallazione.

INCIPIT – Strada Ponti di Debba 5
Questo splendido open space di retaggio industriale ospita gli studi di Andrea GarzottoBruno LuccaDaniele Monarca e Valentina Rosset.
Per l’occasione il Collettivo Jennifer rosa (esule per un giorno dallo spazio VOLL) presenterà in anteprima la proiezione della videoinstallazione “GEMELLI” (in loop per tutto il corso della giornata).
19.30 “IL CERCHIO E IL LUPO”, spettacolo teatrale di Davide Dal Pra

PER INFO: 348 0435597 / 349 8417314
OPPURE scrivere a petra.cason@gmail.com / tfgiffone84@gmail.com

Da “The Soul in The Mirror”
APPROFONDIMENTI SUGLI SPAZI
APPROFONDIMENTI SUGLI ARTISTI

MAPPA DEGLI SPAZI 

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LE POLVERI SOTTILI – genealogia di una (quasi) mostra

Olivares cut ha partecipato alla CALL FOR CURATOR indetta da MaRT per la Galleria Civica di Trento con il progetto LE POLVERI SOTTILI.
Questo il concept del progetto presentato. Attualmente in cerca di un sito dove rendere effettiva l’esposizione.

LE POLVERI SOTTILI

Le Polveri Sottili muove da un approccio sociologico al tema del Conflitto: gli artisti sono stati chiamati ad intervenire – secondo modalità site specific, con opere immersive, esperienziali – conciliando il significato della “guerra” come macroconflitto, con una visione più ampia che indaga come anche i microconflitti, tipici della contemporaneità, siano retaggio di un imprinting atavico, impossibile da cancellare. Il dualismo bene/male, vincitori/vinti, vittime/carnefici è un tentativo semplicistico di mettere ordine. Spesso l’impossibilità di inserire protagonisti e avvenimenti nel “cerchio nero” piuttosto che in quello “bianco” ci dimostra tutta la complessità nel rappresentare verosimilmente una situazione dalle infinite sfumature. A partire dal concetto di identità, la mostra vuole proporre un’iconografia del conflitto contemporaneo. “Le Polveri Sottili” hanno un duplice significato: da un lato si riferiscono alla polvere da sparo, materiale esplosivo ma di per sé innocuo (riferimento metonimico alla concretizzazione dell’azione violenta della guerra); dall’altro, si fa riferimento alle polveri inquinanti, che si insinuano, invisibili e indisturbate, all’interno dell’organismo fino ad incancrenirlo e distruggerlo, metafora di conflitti subdoli e ancor più pericolosi degli scontri diretti, palesi. La mostra non vuole, pertanto, essere un “elogio al conflitto”, pur riconoscendo a esso un importante valore nel processo di crescita individuale e conoscitiva. Il
conflitto è una forma d’interazione intensa, che non necessariamente comporta l’uso della violenza. Esso fortifica il Sé attraverso il riconoscimento dell’Altro, promuove l’integrazione interna del gruppo; si mantiene dualistico indipendentemente dal livello entro il quale viene a crearsi. Il conflitto aperto è sempre tra due parti: ecco dunque che il percorso espositivo ha valore catartico. Il dualismo di significanti è espresso dall’uso del nero in contrasto con il bianco. Il nero si limita alle stanze, singole battaglie; il bianco degli spazi di passaggio concede pause, riflessioni.
La partenza dal basso trascina sul fondo le “polveri pesanti” assieme allo spettatore: le opere di questa sezione non lasciano spazio a una tregua; la risalita, con le “polveri leggere”, porta maggiore respiro. La visione di questi nuovi lavori, che scavano nei conflitti interiori ancor più che in quelli interpersonali, attenua la scarnificazione del concetto avvenuta nella prima sezione della mostra. Da Un terribile amore per la guerra di J. Hillman è stata scelta la frase che corre lungo tutta la Galleria, conciliando visione e interpretazione sociologica, affermando, ancora una volta, il concetto di guerra come rappresentativo e inglobante tutti i conflitti ai quali l’Uomo (contemporaneo) è sottoposto.  Alla definizione del concept ha collaborato il sociologo Vincenzo Romania.

…la guerra genera la struttura stessa dell’esistenza e del nostro pensiero su di essa: le nostre idee di universo, di religione, di etica; il tipo di pensiero alla base della logica aristotelica degli opposti, delle antinomie kantiane, della selezione naturale di Darwin, della lotta di classe marxiana e perfino della freudiana rimozione dell’Es da parte dell’Io e del Super-io. Noi pensiamo secondo la categoria della guerra, ci sentiamo in dissidio con noi stessi e senza rendercene conto siamo convinti che la predazione, la difesa del territorio, la conquista e la battaglia interminabile di forze opposte siano le leggi fondamentali dell’esistenza”.

J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, Milano, Adelphi, 2005.

Progetto espositivo a cura di Petra Cason
Consulenza al concept Vincenzo Romania, sociologo
Consulenza al progetto espositivo Nicola Cappellari, architetto; Flavio Barban, architetto
Grafica Cristina Maraschin

Artisti
Fabiano De Martin
Samuele Papiro
Vincenzo Romania
Giuseppe Vigolo
Marco Dal Maso / Francesca Sarah Toich
Giacomo Roccon
Franco Guardascione
Andrea Rosset
Nicole Voltan
Enrica Casentini
Arianna Piazza
Federico Lanaro
Dimitri Giannina

(Immagine dall’opera WEAPONS di Giuseppe Vigolo)

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